P. K. DICK: CITTÀ, DOTTORI E COMPUTER - I PRIMI ROMANZI SCI-FI
In La città sostituita Ted Barton decide tornare in visita alla sua città natale, Millgate, ma una volta lì si accorge che le strade e i quartieri sono cambiati o scomparsi, e che lui stesso viene dato per morto. Non è la stessa città, ma qualcos'altro di ben più sinistro: una volta entrati non si può più uscire. Grazie all'aiuto di un vagabondo, anch'egli in trappola nel dedalo urbano, Ted assisterà allo scontro tra le forze sovrannaturali che dominano Millgate abitando i corpi di due bambini, Peter e Mary, in grado di controllare ragni, serpenti, falene e infondere la vita a piccoli golem d'argilla.
Dottor Futuro inizia con un incidente d'auto che, per qualche ragione, proietta un rinomato medico di San Francisco, Jim Parsons, nel lontano 2405. Nella società del futuro le regole e i valori sono diametralmente opposti ai suoi: guarire dalle malattie o dagli incidenti è vietato, perché per ogni persona che muore un embrione viene scongelato e un nuovo individuo diventa parte della società. Nel giro di poco Parsons ovviamente finisce nei guai, ma qualcuno lo intercetta. Le sue abilità di medico saranno utili a un gruppo di Nativi americani che tentano di riscrivere la storia scongiurando il genocidio del loro popolo.
Anche lo scenario di Vulcano 3 è una società futuristica, in questo caso governata dai precetti elaborati da un supercomputer sotto il controllo del fantomatico Gruppo. Un regime che non sta certo bene a tutti, e quando Vulcano 2 (il predecessore dell'attuale supercomputer) viene fatto esplodere, la colpa ricade su una frangia di rivoltosi che si fanno chiamare Guaritori. A indagare sulla cospirazione vi sono Barris, uno dei direttori del Gruppo, e il Dill, il capo supremo nonché l'unico che ha accesso a Vulcano 3.
Già all'inizio della lettura appare evidente che si tratta di tre opere deboli e difettose, ma che (già dalla trama che ho cercato di riassumere sopra) fanno intravedere gli scorci di quello che Dick scriverà negli anni a venire, e che sta già scrivendo. In questo periodo infatti è già molto produttivo nell'ambito dei racconti brevi. Lo stesso Dottor Futuro è l'espansione di un racconto ben più conciso e convincente intitolato Noi temponauti. Le carenze non stanno tanto nelle idee, semmai nel fatto che i tre romanzi partono da premesse tutto sommato affascinanti e con un certo potenziale, per finire in pastiche di azione che deragliano dalla premessa iniziale. In particolar modo in Dottor Futuro che, almeno per l'idea di fondo, decisamente huxleyana, è il migliore dei tre e l'unico che oggi valga la pena leggere nonostante finisca per perdersi tra i viaggi nel tempo.
In questo romanzo emergono fortemente i temi umanistici di cui Dick è sempre stato sostenitore, la denuncia verso il razzismo e il lato più brutale della storia americana, quello dello sterminio dei popoli nativi per mano dei bianchi. Il problema, si capisce, è puramente narrativo: come si fa a passare dalla vicenda di un medico le cui qualità lo fanno passare dalla parte del cattivo in una società meccanica e distorta, a quella di un gruppo di nativi che tentano di salvare il loro popolo modificando secoli di storia?
In Vulcano 3 Dick, pur senza usare questa terminologia, ci presenta una vera e propria intelligenza artificiale: il supercomputer che governa il mondo è in grado di apprendere, ripararsi e crescere da solo. Un po' come se Palazzo Chigi contenesse una matassa aggrovigliata di cavi e banche dati anziché i nostri pluristipendiati parlamentari. Potremmo leggerlo come un grossolano antesignano dei tanti sistemi che controlleranno i numerosi mondi dickiani a venire, a cominciare da Lotteria dallo spazio, scritto poco dopo, dove il destino dell'umanità si gioca in una sorta di bingo supremo. Ma, a parte questo, non c'è molto in una trama che si basa essenzialmente sul gusto del colpo di scena e del sospetto, ricalcando lo stile della sci-fi più action in voga in quel periodo, nel quale peraltro il modello totalitario orwelliano di 1984 è ancora una novità piuttosto fresca e sarà d'ispirazione per molti scrittori.
La città sostituita è forse il più deludente nel suo complesso. Pur partendo da una premessa intrigante, si sposta subito sui binari di un fantastico/weird un po' raffazzonato che non si sposa per niente con gli intenti letterari dell'autore, specialmente in un momento in cui cerca di emergere come Autore con la A maiuscola. Fosse stata sviluppata da - che so - Richard Matheson, l'idea avrebbe avuto probabilmente qualche chance in più.
Nell'introduzione alle edizioni Fanucci, Carlo Pagetti evidenzia molto bene quali sono i limiti ma anche i pregi dei tre manoscritti. I limiti, come detto, sono per lo più letterari: narrazione frammentaria, personaggi lievemente contraddittori, uso frenetico ed eccessivo dell'azione, vari cliché... Ma parlando di Dick bisogna sempre considerare che ogni sua opera, anche giovanile o minore, affonda in una poetica personale già ben presente. La Disney direbbe che "rientra nel canone", ecco. Lotteria dallo spazio, Tempo fuor di sesto, L'occhio nel cielo e gli altri romanzi fantascientifici che Dick pubblicherà di lì a pochi anni affrontano anch'essi la tematica della paranoia (tutta l'opera di Dick è imperniata sulla paranoia, anche questi tre testi) e mostrano aspetti ricorrenti sia di trama che di stile (la ragazza conturbante, le contraddizioni emotive dei personaggi, la frammentarietà, la critica ai sistemi precostituiti, alla violenza e alla disuguaglianza).
Di fronte a uno scrittore come Dick, che dietro le ambizioni letterarie scrive perché mosso dalla necessità terapeutica di esorcizzare le sue ossessioni, anche episodi marginali si guadagnano il loro posto nell'evoluzione. Pensateci: non saremmo gli umani che siamo oggi se non ci fossimo lasciati alle spalle, in un imprecisato punto del passato, qualche componente non necessaria che però ha avuto un ruolo negli step evolutivi precedenti, come la coda. Per gli scrittori vale lo stesso.
La città sostituita
Dottor Futuro
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