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CIXIN LIU: IL PROBLEMA DEI TRE CORPI



Scritto nei primi anni Duemila e vincitore del premio Hugo, Il problema dei tre corpi arriva da noi in un momento in cui gli autori di sci-fi cinesi stanno emergendo, forti di uno sguardo fresco alla varietà di tematiche etiche, filosofiche e scientifiche insite in questo genere letterario, che normalmente (da lettori occidentali) siamo abituati ad associare a scrittori occidentali e in particolar modo americani o britannici. Ci sono molti ottimi esempi: Chen Qiufan (che per ora si è guadagnato il primo posto nella mia personale classifica di lettura), Xia Jia, Ken Liu e appunto Cixin Liu, autore di questo libro.
Il problema dei tre corpi ha inizio nella Cina di fine anni 60 in piena rivoluzione culturale. Ye Wenjie, una giovane astrofisica, assiste all'uccisione del padre per mano delle Guardie Rosse e perde il posto all'università a causa delle epurazioni accademiche con le quali il regime di Mao intende liberarsi degli intellettuali non allineati al pensiero comunista. Esiliata in Mongolia, Ye viene reclutata dalla base Costa Rossa per lavorare a un progetto segreto mirato all'intercettazione di civiltà extraterrestri.
Nella Cina contemporanea facciamo invece la conoscenza di Wang Miao, le cui principali occupazioni sono la ricerca sulle nanotecnologie e il videogioco Tre Corpi, nel quale Wang passa il suo tempo libero. Il gioco consiste nell'escogitare un modo per salvare gli abitanti di un pianeta alieno minacciati dai devastanti effetti delle tre stelle del sistema in cui si trova, che provocano l'alternarsi di Ere dell'Ordine, in cui la civiltà può fiorire, ed Ere del Caos, in cui la civiltà si estingue. Wang viene a sapere che il videogioco è in realtà un sistema di reclutamento: il mondo dei Trisolariani esiste davvero e gli alieni stanno viaggiando verso la Terra per invaderla tra circa 400 anni. Nel frattempo, però, possono interferire con la tecnologia e il progresso umano attraverso il controllo di particelle subatomiche chiamate sofoni.
La Terra è divisa: da una parte c'è chi vuole combatterli, dall'altra c'è chi parteggia per loro. A guidare quest'ultima fazione ritroviamo Ye: è stata lei a captare i loro messaggi alla base Costa Rossa, e pur consapevole del pericolo ha scelto di "invitare" gli alieni, ritenendoli l'unica soluzione alla malvagità e all'ottusità della civiltà umana.
Ho trovato luci e ombre in Il problema dei tre corpi, e ora proverò a esporle. Nelle prime pagine ci si trova catapultati nella Cina rivoluzionaria e qui Cixin Liu riesce a far vivere al lettore la paura e la follia che serpeggiano per le strade e distruggono la vita della gente. In questo contesto seguiamo le drammatiche vicende di Ye, che lasceranno un segno indelebile su di lei, una sfiducia negli esseri umani così profonda da condurla, anni dopo, alla decisione impulsiva di scegliere come nostro futuro i Trisolariani al posto dei terrestri. Lo squarcio storico in cui si inquadra il reclutamento di Ye alla base Costa Rossa è forse la parte più affascinante del romanzo.
Subito dopo viene Wang, personaggio certamente più ordinario, ma tratteggiato proprio con l'idea di evidenziarne questo lato. L'esperienza di Wang all'interno del videogame dei Tre Corpi è immersiva tanto per lui quanto per il lettore. Quando si inizia a intuire cosa il gioco rappresenti realmente, Cixin Liu ribatte con un'altra sensazione straniante: gli effetti del gioco si estendono alla vita reale (un misterioso conto alla rovescia appare agli occhi di Wang). Con un pizzico di cyberpunk e di P.K. Dick, anche la linea narrativa di Wang offre premesse avvincenti.


A questo punto si intuisce cosa dovrà accadere (l'invasione aliena è strillata già in quarta di copertina...) ma non come. L'autore introduce la bizzarra idea di una Terra divisa due schieramenti: oltre ai soliti che vogliono affrontare l'invasione, c'è una fazione che la caldeggia e che, per di più, sembra avere la meglio. E non sono i fricchettoni esaltati con la carta stagnola in testa che ballano sul tetto dell'Empire State Building nella scena madre di Independence Day, ma i capoccia al vertice di nazioni e multinazionali. Pur costruendo un'ideologia sui pro-Trisolariani, pare un po' forzato che ai più alti livelli governativi si possano compiere scelte autodistruttive che preparino il terreno a un'invasione extraterrestre.
I veri problemi del romanzo cominciano quando entrano in scena gli alieni: l'autore vuole darcene il punto di vista diretto, e questi parlano, ragionano e si comportano esattamente come noi. Se escludiamo le tre stelle (i tre corpi appunto) che compromettono il loro pianeta natale, il sistema politico alieno e l'oppressione che lo caratterizza suonano fin troppo familiari. È una razza belligerante, lo dice il trisolariano che, violando le regole, invia un messaggio ai terrestri per avvisarli del pericolo che corrono: si autodefinisce un pacifista. Di fronte alle scene in cui le creature pianificano l'invasione sembra di passare di colpo da Contact a un cartone della Disney (e neanche uno di quelli belli).
Qualche dubbio lo solleva anche la parte in cui Ye risponde al messaggio ergendosi a giudice (a Dio, in effetti) dell'umanità intera, e decidendo per una "soluzione finale": il futuro sarà dei trisolariani anziché dei terrestri. Per quanto pessimista e ferito dal proprio passato, una singola persona non compierebbe una scelta del genere in modo impulsivo e senza rimpianto, per giunta di fronte a un segnale di pericolo così palese da cui trapelano le stesse, umane "negatività" che lei è pronta a condannare.
Dopo essere stati catturati dalle premesse, si deve fare un certo sforzo per accettare risoluzioni di questo tipo. Nella narrativa fantastica, dove tutto è invenzione, di solito l'ammiccare tra scrittore e lettore è reciproco: è il tacito accordo che rende possibile l'accettazione della bugia. Nell'ultima parte, Liu pare strizzare gli occhi compulsivamente, mentre quelli del lettore, all'opposto, restano sbarrati di incredulità. Non è detto che questo valga per tutti, ma personalmente ne ho sofferto.
C'è un altro aspetto che mi ha lasciato perplesso: la scrittura. Premetto che non ho idea di cosa possa comportare una traduzione dal cinese (ignoro se il testo nell'edizione italiana sia stato tradotto dal cinese o dall'inglese), né in quale misura il traduttore abbia pesato sulla forma. Ciò detto, Il problema dei tre corpi è pieno di passaggi che riassumono cose già accadute anziché mostrare azioni in corso, prediligendo strutture descrittive, peraltro poco snelle, anziché scene in svolgimento, fluide e visive (una regola semplicissima della buona scrittura). La pagina che riporto qui sotto a titolo di esempio (una scelta a caso) non la trovereste in un romanzo di Crichton o di King: pochi paragrafi infarciti di indicazioni temporali inutili e ripetitive ("quando", "finalmente", "dopo che", "dopo parecchio tempo", "quando infine", "alla fine", "un tempo"...). Va detto che alla gran parte dei lettori non risulterà sgradevole (forse alcuni neanche ci faranno caso), ma uno stile del genere invecchia il romanzo e ne penalizza la resa.


Liu chiude le vicende solo in parte, essendo questo il primo episodio di una trilogia. In La materia del cosmo e Nella quarta dimensione dovrebbe assumere maggior rilevanza un elemento molto interessante della trama, qui solo accennato: il sofone, la particella grazie alla quale i Trisolariani possono controllarci anche prima di invaderci. Le idee affascinanti non mancano, nonostante qualche boccone difficile da deglutire. Forse in futuro riprenderò la saga... La curiosità uccide il gatto, si sa.


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