SIMAK: CRONACA DI UNO SBARCO ALIENO
I visitatori è una variazione sul tema dell'invasione aliena. A Lone Pine, piccola città rurale statunitense, arrivano strane navicelle aliene che iniziano a distruggere i boschi, forse per nutrirsi della cellulosa. L’attenzione degli USA e dell’intero pianeta viene immediatamente calamitata dall’evento. Ma contro gli alieni non c’è nulla da fare, perché non sembrano affatto minacciosi. Poi però accade qualcosa di più strano: dalle navicelle escono automobili nuove di pacca, uguale a quelle prodotte sulla Terra. Gli alieni le stanno “regalando”. Anche quest’azione non è minacciosa, ma potrebbe destabilizzare l’economia con molte altre conseguenze. E poi, ancora, qualcuno pensa di aver visto una cosa ancora più inquietante: gli alieni stanno fabbricando persone. Ma è solo una voce...
L'intero romanzo (del 1979) si fonda sui dialoghi tra le persone più direttamente coinvolte nello sbarco alieno, ovvero l'entourage del presidente degli Stati Uniti, alcuni giornalisti e gli abitanti di Lone Pine. Simak punta la sua attenzione verso le reazioni scatenate nella gente dall'arrivo degli alieni. I visitatori del titolo non sono umaniformi, non è possibile comunicare con loro né conoscere le loro reali intenzioni. Anzi, ricordano vagamente il monolito di 2001 Odissea nello spazio di Arthur Clarke, essendo sostanzialmente dei parallepipedi neri aleggianti nell'aria. Simak non si sbilancia, non dà risposte, lesina anche a suggerimenti e fino all'ultima pagina ci lascia soprattutto domande.
Il romanzo si conclude freddamente troncando delle vicissitudini politiche che altrimenti proseguirebbero all'infinito, o almeno questa è l'impressione che se ne trae. L'inquietante interrogativo finale è che gli alieni siano passati da un'azione passiva (nutrirsi) a un'interazione attiva (fabbricare automobili e regalarle) allo scopo di saggiare il terreno per invaderci dall'interno (fabbricare persone, ovviamente non umane, che si sostituiranno a noi). Ancora più inquietante è l'immagine conclusiva: in mancanza di prove di tutto ciò, o forse perché è un'ipotesi “scomoda”, l'eventualità viene scartata tirandoci sopra una riga. Come si dice nella postfazione dell'edizione Urania, l'invasione avviene ed è gestita con la fredda meccanicità di una decisione aziendale.
È qui che si rivela il pessimismo cosmico dell'ultima fase simakiana, che distingue anche nei toni un'opera come I visitatori da romanzi antecedenti come L'anello intorno al sole e City, avvicinandolo invece alle ultime sperimentazioni come La bambola del destino, I giorni del silenzio e Pellegrinaggio incantato. Ed è qui che I visitatori si distingue, per esempio, da Le guide del tramonto, ancora di Clarke, che tramite lo stesso espediente narrativo cercava invece risposta alle domande universali, escatologiche.
Il fatto che gli alieni scendano sulle campagne americane piuttosto che sulle metropoli, e che quindi in prima linea vi siano persone semplici, campagnole, abituate a una vita pacifica e a “problemi semplici”, è un tratto tipicamente simakiano che ricorre dovunque nella sua carriera. Ma qui il contrasto tra la vita bucolica piena di valori tradizionali e le insondate possibilità future, non è così rilevante come in altre opere. In I visitatori il tutto viene fagocitato dalla dinamica decisionale, frenetica, opportunistica, tanto del quotidiano locale quanto del presidente, che affrontano entrambi la situazione da posizioni diverse ma sostanzialmente equivalenti.
L'assenza di stupore, paura e in generale emotività arriva anche al lettore (probabilmente di proposito, dato che mancano i meccanismi descrittivi che di solito servono a generarle). Nonostante negli intenti non sia un Simak minore, a mio avviso la resa complessiva risente di questa carenza di atmosfera, così come dell'uso di uno scenario fin troppo comune (astronavi che scendono dal cielo, Casa Bianca mobilitata, ecc). Il fascino del romanzo non raggiunge gli standard simakiani menzionati sopra, ma l'impianto basato sul dialogo lo rende una lettura incalzante e piacevole.
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