CLARKE: LE FONTANE DEL PARADISO & POLVERE DI LUNA
Le fontane del paradiso
valse a Arthur Clarke sia il premio Nebula
(nel 1979, anno di uscita del romanzo) che il premio Hugo (1980).
Leggendolo oggi, circa 35 anni dopo, si ha ancora
l'impressione di un romanzo fresco che contiene molto più di quanto
effettivamente scritto nelle sue righe. I molteplici elementi di contorno della trama principale si rivelano anche i più interessanti grazie agli spunti che forniscono. In un'opera di così ampio respiro riconosco il genio di Clarke, il suo essere un Autore con la A maiuscola che resiste alla prova del tempo. Attraverso una visione originale, qui Clarke ci parla dell'incontro con intelligenze extraterrestri, dello sconvolgimento
che questo fatto avrebbe sulle varie religioni, dello scontro tra le tradizioni millenarie e le tecnologie future.
Nel progetto di costruire
degli elevatori che portino l'uomo verso lo spazio, nelle tante
traversie che Morgan – il protagonista del romanzo – deve
affrontare per raggiungere il suo obiettivo, assistiamo alla battaglia tra forze nascoste e potenti, che mette in discussione le fondamenta
dell'umanità. Da una parte, un monastero sulla cima di una
montagna, strategicamente utile al progetto elevatori ma abitato da
monaci, la cui fine è scritta in una leggenda. Dall'altra, una sonda spaziale aliena che inizia a dialogare con la Terra
minando le nostre credenze con il freddo rigore della ragione.
Alla fine, non è tanto il
climax della vicenda degli elevatori che rimane, ma tutto ciò che è
stato detto (o sussurrato) prima. Clarke ambienta parte del
libro su un'isola che è la copia dello Sri Lanka in cui è vissuto, arricchendo così la storia con sensazioni personali, autentiche, oltre che con la mitologia del luogo. Siamo agli antipodi
dal sapore retrò di
Preludio allo Spazio o Polvere di Luna, molto vicini invece ai grandissimi Incontro con Rama e La città e le stelle. La sola nota negativa, a
mio avviso, è l'eccessiva velocità nella chiusura del romanzo, nel
mettere fine alla trama senza ritornare su tematiche sollevate in
precedenza.
Clarke in Sri Lanka |
Polvere di Luna
(1961) ci fa capire quanto Clarke sia un autore
altalenante, desideroso di sperimentare stili diversi. Altalenante
perché, in confronto alla gran parte delle sue opere che ho letto finora, questa rappresenta una caduta di tono che ha dello sconcertante. Da romanzi fini e intrisi di mitologia come La città e le stelle o Le fontane del paradiso, si passa qui a un fanta-action che è puro divertissement, zeppo di tecnicismi da un lato e azione dall'altro. La storia
riguarda il "naufragio" di una nave spaziale turistica sulla Luna. L'equipaggio rimane intrappolato dentro al velivolo mentre sprofonda nella polvere lunare. I capitoli si alternano raccontando la storia della squadra di soccorso e dei tentativi, spesso divertenti, dei
passeggeri di sopravvivere ingannando l'attesa.
Il libro è figlio dei
suoi tempi: la Luna non era ancora stata raggiunta, la “fantascienza
hard” andava piuttosto forte, e uno degli aspetti più noti di Clarke è la verosimiglianza tecnica. Non si tratta di un
romanzo sgradevole o scritto male, ma è estremamente limitato, una cosa da poco, non proprio quello che ci si aspetta da un titolo di Clarke
ripubblicato su Urania Collezione. Una lettura veloce che di
piacevole ha il ritmo e la brevità, ma che non offre particolari spunti di riflessione, nemmeno se si vuole guardare allo spirito d'invenzione
e anticipazione proprio dello scrittore, che arricchiva titoli come Preludio allo Spazio o
l'immenso La città e le stelle.
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