CLARKE: PRELUDIO ALLO SPAZIO & TERRA IMPERIALE
Preludio allo spazio è
la cronaca immaginaria del primo lancio sulla Luna, scritto e uscito nel 1951 quando l'uomo ancora non aveva messo piede nello spazio.
Fa parte della prima fase di Arthur C. Clarke, costituita da alcuni
romanzi brevi incentrati sulla conquista spaziale prima che si
avverasse effettivamente. La storia si presenta come il reportage di un giornalista
chiamato a documentare la preparazione del lancio e l'addestramento dell'equipaggio.
Si tratta di un testo inferiore alle opere più celebri di Clarke, il cui
stile è appunto quello di una cronaca scientifica, priva delle
suggestioni che verranno con La città e le stelle, 2001 Odissea nello spazio e Incontro con Rama. A Clarke va dato merito di aver
saputo spesso presagire, attraverso intuizioni geniali, le tecnologie
dell'avvenire, ma ovviamente il suo posto nella fantascienza d'autore
non è dovuto solo a questo.
Anche a Preludio
allo spazio va riconosciuto un
merito straordinario: a leggerlo nel 2014, più di mezzo secolo dopo, nonostante il suo sapore retrò, non appare assolutamente un testo sciocco o ingenuo. Al contrario, trasmette l'ambizione e l'entusiasmo di una
generazione che guardava allo spazio molto più intensamente di noi,
che probabilmente non vedremo nemmeno l'uomo su Marte. Forse,
proprio come l'umanità descritta in La città
e le stelle, stiamo iniziando a perderle per
davvero, le stelle. E libri come questo dovrebbero farcelo notare.
Terra imperiale è un romanzo di Clarke poco noto. Si discosta da classici come Incontro con Rama, La città e le stelle e
il ciclo di 2001 Odissea nello spazio innanzitutto nell'approccio: non è una storia di esplorazione, ma tratta della vita del protagonista, un ambasciatore di
Titano che fa un viaggio sulla Terra per presenziare a un importante
avvenimento.
Ci sono alti e bassi in Terra imperiale, libro da soppesare in quanto interessante per le premesse ma sviluppato in modo altalenante. Il contesto
della Terra futuristica (e di un sistema solare conquistato) sembra più un
pretesto che l'obiettivo. In sordina Clarke tesse un intreccio che
coinvolge un secondo personaggio, che all'inizio non credevamo così fondamentale, se non per il background personale del protagonista. Nella prima parte, poi, si dilunga nei dettagli delle tecnologie spaziali, diventando a tratti eccessivamente prolisso.
Se si supera la soglia del primo centinaio di pagine, il resto della storia vien da sé, per arrivare a un finale degno del miglior Clarke, quello che abbraccia la visione di un universo pieno di domande e possibili risposte. La pecca più grande,
forse, è che il misticismo del finale rimane fine a se stesso, quando invece avrebbe meritato di essere introdotto nella trama fornendole un peso maggiore sin dall'inizio.
Leggendo l'ultima parte ho pensato a un altro autore, Clifford Simak. Clarke, forse inconsapevolmente, ha realizzato un testo che è ibrido tra un "suo romanzo" tipico e qualcosa che non sembra appartenergli del tutto. Con risultati modesti, ma a cui vale la pena dare una chance.
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