M. JOHN HARRISON: IL CICLO KEFAHUCHI
Prendete le suggestioni kubrickiane di
2001 Odissea nello Spazio e mettetele insieme alle distopie
allucinate di William Burroughs. Il risultato sarà abbastanza simile
a Luce dell'universo di M. John Harrison. È uno scrittore
inglese per nulla famoso da noi, ma grazie a lui la New Wave
letteraria inglese ha saputo reinventarsi in modo estremo (e anche
anticipare filoni come il cyberpunk; Harrison scriveva già prima di
William Gibson).
Light (il titolo originale) è
un trip. E' difficile esaminarlo, in realtà, per la sua complessità e la molteplicità di punti di
vista con cui può essere visto. Mi sono
imbattuto in un paio di ottime recensioni di altri blogger che, in
fondo, dicono esattamente le stesse cose che penso io. Quindi ne
citerò alcuni paragrafi.
Il romanzo si sviluppa secondo tre
storie ambientate in tre epoche diverse. La prima, ai nostri giorni, vede uno
psicotico ossessionato da una visione terrificante lavorare insieme a
un matematico su una scoperta rivoluzionaria a proposito dello
spaziotempo. La seconda, nel futuro, vede un altrettanto instabile individuo
fuggire da certa gente che lo vuole braccare a tutti i costi. La terza, in
un futuro di poco successivo, vede la comandante di una nave spaziale mettersi sulle tracce di uno strano tizio che le ha tirato un bidone in un “affare” genetico.
Lo stile allucinato ci fa subito capire che la
storia è meno importante della realtà che circonda i personaggi e
le loro azioni. È il contesto a svelare man mano le motivazioni, gli
scopi, le possibilità. È “un viaggio caleidoscopico sospeso tra
il passato recente e il futuro remoto dell’umanità, il cui punto
di arrivo (e di partenza) è la scoperta del Fascio Kefahuchi e della
tecnologia per raggiungere i suoi margini […] già frequentati nel
passato da innumerevoli civiltà” (continuum.altervista.org).
“Luce dell’universo è un
inno al Chaos, alla confusione, all’incrociarsi provvisorio e
imprevedibile, quasi sempre catastrofico, di persone, pensieri,
desideri, dolori, disperazioni ed eventi. [...] L’umanità giunge
di fronte al Fascio Kefahuchi, trova i relitti di queste civiltà
aliene, non riesce a capirli, non riesce a spiegarli, ma li usa, li
sfrutta, li spolpa per ricavarne ricchezza e potenza, armi, astronavi
potentissime; fonda città, trasforma pianeti, sconvolge sistemi
stellari, ma le torme brulicanti di chi li abita vivono e muoiono
esattamente come cinquecento anni prima, con gli splendori (pochi) e
le disperazioni (molte) nate sul pianeta Terra: ricchezze, lusso,
droga, sesso, alienazioni, carne, sangue, violenza, sadismo, amore,
miseria, dolore. Astronavi che funzionano, ma le teorie arrancano per
spiegarne il perché. […] E i nostri tre protagonisti sono
personaggi distrutti, perseguitati da se stessi, dalle proprie stesse
ossessioni prima ancora che dalla realtà che li circonda”
(yupa1989.wordpress.com).
Le idee che rimangono più impresse, a
mio avviso, sono due. Primo, la visione che perseguita il
protagonista della prima storia, che lo rende pazzo nel suo mondo
tanto quanto profetico per il mondo che verrà (il suo nome sarà
infatti ricordato). La visione di un essere terrificante è anche il
fil-rouge della storia, uno dei tanti "perché" che il lettore
si pone e di cui otterrà risposta solo nel finale. Secondo, nella
terza storia si parla della ricostruzione genetica del corpo secondo
ciò che più si desidera, proprio come un abito su misura: basta
prendere appuntamento con un losco individuo chiamato Il Sarto.
Eccezionale. Per non parlare poi della mente senziente della nave
spaziale, chiamata La Matematica, e della fusione ripugnante tra
comandante e nave.
Sono solo alcune delle molteplici
trovate che popolano e forniscono tangibilità (grazie alla loro
fisicità spesso sgradevole) a questo romanzo indefinibile e
spettacolare. Light è un libro fondato sulla potenza delle sue immagini, non sulla narrazione di una storia limpida: le sue idee sono trasmesse come visioni. La sua lettura non è immediata per via del linguaggio
frammentato e allucinatorio che rimanda appunto a Burroughs, ma
Harrison è talmente abile da non privare il lettore della
comprensione dei dettagli e dei termini peculiari che colorano il
contesto rendendolo “vero”. Tutto viene svelato progressivamente.
Scritto nel 2002, in Italia è stato
pubblicato come allegato speciale della collana Urania nel 2006, oggi introvabile se non nel mercato dell'usato.
Peccato, perché tanti romanzi che vedono la luce su Urania
meriterebbero di restare sugli scaffali delle librerie, e questo è uno di quei casi.
Nova Swing, apparso nel 2006,
non è un sequel ma semplicemente una storia ambientata nello stesso
continuum di Luce dell'universo. Questa volta al centro
dell'attenzione c'è un luogo, chiamato “sito dell'evento”, dove
si è verificato un colossale fenomeno astrofisico. La fisica e la
realtà non sono più le stesse: appaiono e scompaiono cose e persone
(o almeno così sembra). Un trafficante che si fa chiamare “agente
di viaggi” accompagna nel sito i visitatori, e un detective è
sulle sue tracce. Attorno a essi, i locali malfamati e la feccia che
popola una città caleidoscopica e multicolore, oscillante tra realtà
e irrealtà, sfuggente e ingannevole come un labirinto di specchi.
Harrison non arriva a suscitare lo
stesso interesse e lo stesso fascino come invece era riuscito a fare
nel primo romanzo. La vicenda non sfodera le sue piene potenzialità
e, anziché decollare, vola in cerchio a bassa quota sul contorno
fornito dai personaggi. Eclettici, camaleontici, fuori dagli schemi,
certo... ma spesso si perde il filo delle loro azioni in modo un tantino fastidioso.
Nel complesso il libro si dimostra,
appunto, un contorno non strettamente necessario a Light.
Sebbene l'essenza di queste letture non stia nella storia (pur ricca
di idee fenomenali), Nova Swing comunica cose già lette. Light comunicava una visione imponente
e perfettamente costruita nel suo delirio di stile, mentre Nova
Swing è appunto un frenetico ballo (come quelli che menziona)
dove non ci sono elementi più importanti di altri, dove non c'è
niente da raccontare se non deliranti vite di deliranti individui. E
anche le idee migliori (il “sito dell'evento”) rimangono pretesti
non molto sfruttati. Il libro vale comunque la pena, essendo più unico che
raro nel panorama narrativo e fantascientifico contemporaneo.
Pagella: idee alla
base **** ; sviluppo *** ; consigliato ***
Lo spazio deserto chiude la trilogia di fantascienza visionaria dove M. John Harrison, autore inglese del movimento New Wave, continua a utilizzare un linguaggio somigliante al cut-up di tradizione burroughsiana per tessere intricati mosaici di immagini, personaggi e situazioni.
Come già detto per Nova Swing,
anche in questo terzo libro la storia è quasi inesistente. Il tutto
comincia con alcune scene-pretesto (l'omicidio di un giornalista, la
depressione di una donna, il trasporto su una nave spaziale di
oggetti dalle misteriose proprietà fisiche) per muoversi poi in
varie direzioni: un caleidoscopio di immagini, facce, discorsi e
soprattutto distorsioni linguistiche le quali vogliono rappresentare
il diverso stato percettivo dei personaggi, rispetto al nostro, e la
continua alterazione dell'universo in cui si muovono, nel quale
regnano dei fenomeni fisici impossibili e paradossali.
Un trip a tutto tondo che va ben oltre anche la fantascienza New Wave. Ma Lo
spazio deserto non raggiunge (né ambisce a farlo, probabilmente)
i tratti mitici del primo libro della serie Kefaluchi. La lettura,
dopo una partenza coinvolgente, diventa via via più ardua nella
seconda parte. Il lettore sente come di camminare su enorme vetro
rotto.
Harrison è un autore fuori dai canoni
(lo si può vedere come un William Burroughs dell'era del digitale;
per sua stessa ammissione ambisce al mix tra le filosofie di artisti
distanti come James Ballard e Allen Ginsberg) e i suoi libri sono
altrettanto unici, pertanto meritano uno sforzo. A conclusione della
trilogia, però, credo che l'emozione e la perfezione di questo
esperimento letterario post-moderno risieda nel primo libro, Luce
dell'universo, essenziale e consigliato. I seguiti sono una
"espansione" per chi proprio non può fare a meno di averne ancora.
Leggi anche:
È uscito a Marzo di quest'anno, su Urania, "Lo spazio deserto" (Empty Space), terzo bellissimo romanzo della trilogia del fascio Kefahuchi.
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