LA PERSUASIONE DELLE MASSE - SISTEMI DI POTERE PT.3
[Continua dalla parte 2]
Nel precedente articolo della serie di tre che sto dedicando al testo Sistemi di potere di Noam Chomsky, ho riepilogato il quadro che l’autore fa dell’evoluzione politica e sociale dall’Ottocento a oggi. In particolare, dagli anni Settanta del secolo scorso, a fronte di un periodo di “eccessiva democrazia”, le élite politiche hanno puntato a un indottrinamento dei giovani congiuntamente a cambiamenti di direzione nelle istituzioni.
Scendiamo ora più a fondo nella questione del controllo delle masse. È ovvio che, persino in stati militari o totalitari, i governi hanno dei limiti nel controllare il popolo. Questo è vero soprattutto in stati più liberi, come quelli occidentali, dove agli individui è concessa una libertà fisica e non possono quindi essere minacciati da prigionia o morte. In questi contesti si sono imposte forme di schiavitù mentale per indurli ad accettare certe condizioni senza fare domande.
Un’arma molto più efficace della coercizione, infatti, è la persuasione: ovvero indurre la gente ad accettare l’autorità per volontà propria. Quando, storicamente, il popolo ha guadagnato “troppa libertà” (come negli Stati Uniti e in Inghilterra in certi periodi del secolo scorso, con il pullulare di sindacati, gruppi femministi, laburisti in parlamento) si è reso necessario, da parte del potere, controllare l’opinione pubblica.
Da qui nasce l’industria delle pubbliche relazioni, che un tempo si chiamava propaganda, ma questa parola ha poi assunto connotazioni negative. Il suo scopo è persuadere e modificare i comportamenti della grande massa della gente perché essa consegni volontariamente il potere ad altri e sia asservita.
Si possono inculcare certe dottrine in un individuo in modo che non si accorga nemmeno di conoscerle, e tanto meno le metta in discussione. È una sorta di pistola invisibile puntata alla sua tempia, ma molto più efficace. Chomsky sottolinea la differenza che passa tra dottrine o dogmi espliciti come quelli impartiti della Chiesa Cattolica (“non devi fare questo, devi fare quello”) e gli schemi di pensiero altrettanto rigidi, però subdoli, inculcati dalla televisione. In televisione non vengono formulate dottrine: si insinua un sistema di pensiero senza renderlo evidente affinché la gente lo faccia proprio per assimilazione.
Noam Chomsky |
Un sistema efficace di propaganda non esplicita né i propri principi né le proprie intenzioni. Ci si può rifiutare di seguire un enunciato, mentre non ci si libera facilmente di un sistema di presupposti non dichiarati. Tutto il sistema delle elezioni presidenziali americane, per esempio, è un grande evento di pubbliche relazioni.
Chomsky spiega che da tempo è in atto un deliberato tentativo di atomizzare la società e dividere le persone eliminando i “corpi intermedi”. Vengono definiti così, in sociologia, i gruppi umani che condividono spazi dove ritrovarsi, formulare idee, cooperare. I sindacati ne sono un esempio: il loro valore originario era dovuto proprio a questo, e per questo sono poi diventati uno dei bersagli da colpire. Il concetto di solidarietà sociale è considerato una minaccia dalle concentrazioni di potere.
La moderna storia dei media è stata oggetto di studi approfonditi soprattutto per quel che riguarda Inghilterra e Stati Uniti. Il periodo in cui la stampa è stata più libera è stato il XIX secolo: allora c’era una stampa indipendente per ogni classe sociale (lavoratrice, etnica, ecc) che raggiungeva molte persone, dava voce a molte opinioni, consolidava i gruppi.
Nel corso del tempo i governi sono intervenuti per censurare questa libertà, per esempio attraverso la tassazione. Così, per via della concentrazione dei capitali e della dipendenza dalla pubblicità, la stampa indipendente si è assottigliata sempre più, fino a sparire. Uno degli aspetti importanti del movimento Occupy degli ultimi anni è che ha creato migliaia di comunità di persone nel mondo, che interagiscono, comunicano, si coalizzano.
Internet fa parte di questo sistema e i social media, in generale, contribuiscono all’atomizzazione e all’isolamento degli individui. La cultura intellettuale va deteriorandosi, si smettono di leggere libri e si preferisce guardare Youtube, ma Chomsky evidenza giustamente che la questione del mondo digitale presenta aspetti contraddittori.
Internet è diventato il nuovo terreno per pubblicità e commercio, ma è impossibile controllarlo completamente. L’accesso a internet di per sé è una grande opportunità: un’immensa quantità di dati e quindi di conoscenze disponibili, ma anche evanescente, a meno che non si sappia cosa e dove cercare. Lo sforzo di estrarre un senso dalle informazioni richiede ricerca e riflessione, quindi pensiero, ed è questa facoltà che secondo Chomsky si sta perdendo.
Discutendo del ruolo di internet, l’autore porta due recenti esempi positivi: anche grazie ai contatti tra le persone via internet, in Indonesia è stato possibile rovesciare una dittatura e in Corea del Sud organizzare un partito riformista. Internet è perciò un terreno di scontro con impatti enormi, ancora non prevedibili.
Concentrandosi sull'eurozona, Chomsky svela senza mezzi termini che in Europa la libertà di parola e di stampa sono poco tutelate, e addirittura in Inghilterra ci sono leggi terribili a riguardo. Di fatto questo è l’unico aspetto su cui gli Stati Uniti rappresentano un esempio positivo: in USA si dà reale protezione giudiziaria alla libertà di parola.
L'autore ci porta un esempio piuttosto eclatante dell’ideologia inglese. Durante l’era di Bush, in Inghilterra un musulmano incitò il terrorismo e il London Guardian pubblicò un elogio al giudice che lo fece arrestare, sostenendo che non doveva essere permesso alla gente di esaltare odio e violenza. In base a questo assunto, tutta la stampa inglese dovrebbe chiudere baracca, per aver esaltato l’invasione dell’Iraq incitando di conseguenza il popolo alla violenza.
Un altro esempio di cui parla Chomsky, tra i vari argomenti trattati nel libro ma che ben ricade in questo discorso, è la diatriba sul cambiamento climatico. I media tendono a ridurre il dibattito alla parola di un sostenitore (di solito uno scienziato) contro quella di un negazionista (spesso un politico con uno scienziato come assistente). Tuttavia esiste un terzo gruppo di scienziati che viene ignorato dalla stampa, tra cui alte cariche del MIT e dell’Agenzia internazionale per l’energia, secondo cui i giudizi dell’opinione pubblica sono troppo prudenti e i rischi molto più seri. A loro non viene concesso spazio di parola.
Gli USA, tanto nei media quanto a livello del discorso comune e accademico, vengono raffigurati solitamente come un “agente benevolo”: i leader statunitensi dichiarano sempre di agire nel nome del bene e per portare la democrazia (cosa – aggiungo io – riconfermata quest’anno dalle dichiarazioni di Biden sull’Ucraina e su Taiwan). A volte qualcuno ammette che ci sono state delle eccezioni, o che si siano commessi errori, ma l’immagine degli USA nel mondo è questa. Dal punto di vista politico e militare, l’imperativo statunitense è sempre stato quello di presentare le proprie politiche come un sistema di difesa da eventuali attentati, mentre invece – dice Chomsky – non fa altro che aumentare la minaccia di attentati destabilizzando altri paesi (di nuovo, la recente situazione con Ucrania/Russia lo ha dimostrato molto bene).
Per capire quali sono le reali politiche adottate dagli USA, i loro reali interessi, bisogna guardare alle mire delle élite politiche e finanziarie. Ovviamente chi lo sostiene è tagliato fuori, come lo fu Galileo quando cercò invano di convincere gli aristocratici che le sue idee avevano senso anche se andavano contro il senso comune. Tutte le società, sin dagli albori, hanno trattato duramente i dissidenti, ovvero le persone che si allontanano dall’opinione comune, e gli USA non sono da meno.
Chomsky dice senza mezzi termini che, a partire dagli anni Settanta, torture, omicidi e altre atrocità commesse in territorio statunitense hanno superato quelle degli avversari sovietici. Con l’amministrazione Bush, poi, ci si è ulteriormente spostati verso uno stato repressivo in grado di tenere sotto controllo la vita della gente e il mondo economico, usando se necessario la forza.
Nell’intervista con cui si apre Sistemi di potere, Chomsky racconta alcuni dettagli della guerra in Vietnam che sono stati “offuscati” dalla storia comunemente raccontata nei libri di testo.
Nel 1960 tra Stati Uniti e Vietnam fu siglato ufficialmente un accordo di pace, ma gli USA non lo fecero durare a lungo. Kennedy, un paio d’anni dopo, diede il via ai bombardamenti, autorizzò l’uso del napalm e la creazione di campi di concentramento per la popolazione vietnamita. Poi, nel 1963, massacrò il governo locale con un violento colpo di stato allo scopo di insediare un suo vassallo. Il “ritiro” delle truppe, a cui pubblicamente Kennedy acconsentì per via delle forti proteste contro la guerra, aveva una condizione: quella di vincere prima di ritirarsi!
La storia degli USA è sempre stata segnata da un feroce imperialismo e dai massacri, partendo dalle popolazioni indigene delle Americhe, poi Cuba, Hawaii, Filippine. Il sistema colonialista è tutt’ora predominante, sostenuto da una falsa immagine benevola, propagandata a dovere (non ultimo da Hollywood nel corso di decenni), a cui il resto del mondo, in generale, crede.
Sistemi di potere è pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie. Sotto il link per l’acquisto.
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