SIMAK: LA CASA DALLE FINESTRE NERE (E DELLA FRATELLANZA UNIVERSALE)
La casa dalle finestre nere, noto anche come Qui si raccolgono le stelle, ha portato a Clifford Simak il suo secondo premio Hugo, nel 1964, a sessant'anni compiuti, ennesima dimostrazione del fatto che gli scrittori migliorino e crescano con l'andar del tempo, al contrario delle rockstar che "bruciano giovani".
Detto ciò, il romanzo è davvero particolare anche per gli standard simakiani. Ricorda molto una favola con tanto di morale conclusiva. Simak immagina che l'universo sia pieno di civiltà intelligenti che viaggiano di pianeta in pianeta attraverso stazioni appositamente costruite (le way stations del titolo originale). La stazione terrestre si trova in un luogo sperduto della campagna americana, mandata avanti in assoluta segretezza da un uomo senza età. Ma gestire la fratellanza cosmica è un lavoro complicato, specialmente se bisogna far fronte all'ottusità dei terrestri, che sono sul punto di rovinare tutto con una guerra atomica.
Una storia semplice, dai messaggi chiari e diretti, simpatica e pungente, attuale tanto nell'epoca in cui è stata scritta quanto oggigiorno. La minaccia nucleare è uno dei simboli della nostra capacità autodistruttiva e ha segnato l'immaginario (non solo fantascientifico) del secolo scorso. A sentirne parlare in un romanzo, oggi, ha un sapore retrò, e invece non è meno attuale... tutt'altro, con la ripresa degli armamenti e delle tensioni tra i poli economico-politici in cui è diviso il globo (leggete cos'hanno da dire a riguardo voci del calibro di Chomsky e Prashad).
Al cuore del romanzo ci sono concetti molto trasparenti: la fratellanza universale, l'abbattimento di ogni forma di discriminazione, la critica alla bassezza morale di noi umani e alla nostra limitata visione delle cose. Temi presenti anche altrove ma qui palesati con la forza, appunto, di una sorta di favola senza tempo. Sarebbe opportuno leggerla sui banchi di scuola, vista la sua accessibilità anche da parte di giovani lettori.
Simak è un autore pieno di sentimento, la sua è una “fantascienza rurale” che abbiamo imparato a conoscere e amare, un approccio sensibilmente diverso da Asimov, Heinlein, Clarke o Dick. Alle oscure vastità della galassia e alle fredde propaggini suburbane preferisce viali e cottage di campagna, i caldi e accoglienti luoghi della sua vita, il Midwest americano, nei quali ambienta in larga parte le sue storie. Persino quelle che si rivolgono alle stelle ricercando un senso cosmico, una risposta suprema, un destino che armonizzi l'umanità al resto della creazione, dandole significato ed elevandola a qualcosa di più. Dobbiamo trovare, ma soprattutto meritare, il nostro posto nell'universo.
Purtroppo, salvo alcune edizioni Urania, il romanzo è oggi introvabile in libreria, ma si vocifera di un volumone dedicato a Simak in preparazione per Mondadori contenente quattro romanzi, tra cui questo. Incrociamo le dita!
PS: QUI potete vedere le bellissime illustrazioni originali che accompagnavano la storia di Simak nella sua prima pubblicazione all'interno della rivista Galaxy Science Fiction (giugno-agosto1963), da cui ho tratto l'immagine in apertura all'articolo.
Ti è piaciuto? Condividi!
Potrebbero interessarti anche:
- La morte per inerzia: parallelismi tra J.G. Ballard e Neil Young
- Simak: Camminavano come noi (ci distruggiamo dall'interno)
- Un anno da lettore: il mio 2021 in nove libri
- P.K. Dick: Divina invasione & La trasmigrazione di Timothy Archer
- P.K. Dick: Città, dottori e computer - I primi romanzi SF
Commenti
Posta un commento