PHISH: RIFT (1993) UN CONCEPT DA SOGNO
A un anno esatto di distanza da A Picture of Nectar esce Rift, nel febbraio 1993. Viene registrato tra settembre e novembre 1992 a Nashville. Lo studio in cui avvengono le registrazioni è tenuto piuttosto male (“non funzionava niente”, racconta Anastasio). Per la prima volta la band si affida a un produttore, Barry Beckett. La sua esperienza con artisti soul, folk e rock (tra cui Aretha Franklin, Paul Simon, Bob Dylan e Lynyrd Skynyrd) fornisce a Rift delle sfumature più roots, country e folk di qualsiasi altro lavoro dei Phish. L'album si presenta come un concept incentrato sulla difficile relazione di un uomo con la sua ragazza. I brani (composti per la maggior parte dal duo Trey Anastasio-Tom Marshall) sono in gran parte commenti o storie dolci-amare a tema romantico, e alcuni più di altri lasciano il giusto spazio alla psichedelia e all'uso delle armonie vocali.
Rift è un traguardo discografico per i Phish, i cui album in studio vengono spesso messi in secondo piano rispetto alle performance dal vivo. Billy Breathes dimostrerà qualche anno dopo la perfezione e la bellezza della concisa veste studio di questa band. Rift è il primo passo in questa direzione: dopo tre album che di fatto erano assemblaggi, per quanto ottimi, qui abbiamo un soggetto che vuole essere il filo conduttore delle canzoni. Tom Marshall, sempre più addentrato nelle liriche della band, contribuisce a creare un concept-album che parla di una situazione senza uscita e piena di ansia. Tutto il contrario rispetto al solare predecessore, A Picture Of Nectar. Il protagonista di Rift, racconta Anastasio, “fa un sogno. Le prime due canzoni sono una panoramica dell'intera faccenda. Poi lui cade nel sonno e il resto dovrebbe essere un sogno. Le canzoni sono riflessioni oniriche della spaccatura che lui sta vivendo. 'Maze' è la prima canzone che lui sogna: the overhead view is of me in a maze. Non può uscirne. In 'It's Ice' combatte con la sua immagine riflessa sul ghiaccio, che è come combattere con se stessi. Va avanti così finché non si sveglia in 'Silent In The Morning' e non ha risolto niente. Ma almeno si è svegliato!”
Rift è un traguardo discografico per i Phish, i cui album in studio vengono spesso messi in secondo piano rispetto alle performance dal vivo. Billy Breathes dimostrerà qualche anno dopo la perfezione e la bellezza della concisa veste studio di questa band. Rift è il primo passo in questa direzione: dopo tre album che di fatto erano assemblaggi, per quanto ottimi, qui abbiamo un soggetto che vuole essere il filo conduttore delle canzoni. Tom Marshall, sempre più addentrato nelle liriche della band, contribuisce a creare un concept-album che parla di una situazione senza uscita e piena di ansia. Tutto il contrario rispetto al solare predecessore, A Picture Of Nectar. Il protagonista di Rift, racconta Anastasio, “fa un sogno. Le prime due canzoni sono una panoramica dell'intera faccenda. Poi lui cade nel sonno e il resto dovrebbe essere un sogno. Le canzoni sono riflessioni oniriche della spaccatura che lui sta vivendo. 'Maze' è la prima canzone che lui sogna: the overhead view is of me in a maze. Non può uscirne. In 'It's Ice' combatte con la sua immagine riflessa sul ghiaccio, che è come combattere con se stessi. Va avanti così finché non si sveglia in 'Silent In The Morning' e non ha risolto niente. Ma almeno si è svegliato!”
Canzoni come “Fast Enough For You” mettono i Phish per la prima volta a confronto con canzoni sentimentali, che parlano di persone e della vita reale, cominciando così l'allontanamento dai testi surreali che predominano in Junta. “Rift è stato un tentativo di abbandonare gli elementi di fantasia e dire, 'allora, questo è quello che succede, parliamo di questo',” dice Anastasio. “Adesso siamo aperti all'intera gamma di canzoni, possiamo scriverne di tutti i tipi”.
La copertina dell'album vira al blu e raffigura l'uomo dormiente circondato da elementi che raffigurano tutte le canzoni dell'album a parte una (“The Horse”, a cui ironicamente i Phish dedicheranno la copertina del successivo Hoist).
L'album si apre con “Rift”, derivato da una delle parti che componevano un brano più vecchio, “The Curtain With”, poi rielaborato da Anastasio e Marshall tra il 1990 e il 1992 (proponendo nel frattempo varie versioni dal vivo) fino a renderlo un brano a sé stante. È tra i più complessi se consideriamo la breve durata, costituito da un giro di chitarra complicato e dall'interplay con il piano. “Fast Enough For You” è una ballad piuttosto lineare che sembra presagire a quelle che arriveranno a partire da metà anni 90; risalta in modo particolare nei tour 1993/94 per poi farsi piuttosto rara. “Fast Enough For You”, “Lenghtwise” e “The Wedge” sono le uniche canzoni di Rift a essere state registrate per l'album prima di debuttare dal vivo (alla fine del 1992). “Lenghtwise” (a firma Fishman) è una traccia che introduce alla canzone successiva e si presenta in due momenti diversi lungo l'album; nonostante non sia esattamente una canzone, anche questa viene eseguita dal vivo spesso in apertura al set. Con “Maze” si torna sul fertile terreno delle jam; il brano debutta nella primavera del 1992 e cresce dal vivo nel corso degli anni (caratterizzato dalle armonie vocali e, dal 1994 in poi, dall'effetto loop delay della chitarra di Anastasio).
“Sparkle” risale al 1991 e il suo testo è firmato dalla moglie di Marshall; il brano ha una progressione da lento a frenetico ed è tra i più suonati dal vivo, in questo caso con poco spazio all'improvvisazione poiché la sua resa è determinata dalla velocità. “Horn” (che risale al 1990) è un brano in apparenza semplice e orecchiabile ma con cambi armonici insoliti e ben strutturati. “The Wedge” si propone nuovamente come un veicolo di sperimentalismo strumentale, ad esempio con introduzioni di piano e batteria apparse dal vivo nel corso dei tour tra il 1993 (anno del debutto) fino al 1998. Anche “My Friend, My Friend” (primavera 1992) ha risvolti più semplici e naif di quelli che ci si potrebbero aspettare dai Phish, ma nasconde una struttura complessa e certamente strana, a partire dall'intro chitarristica di Anastasio fino al coro che chiude la canzone (tra l'altro, il coro è costituito da fan reclutati appositamente da una stazione radio vicina allo studio).
La copertina dell'album vira al blu e raffigura l'uomo dormiente circondato da elementi che raffigurano tutte le canzoni dell'album a parte una (“The Horse”, a cui ironicamente i Phish dedicheranno la copertina del successivo Hoist).
L'album si apre con “Rift”, derivato da una delle parti che componevano un brano più vecchio, “The Curtain With”, poi rielaborato da Anastasio e Marshall tra il 1990 e il 1992 (proponendo nel frattempo varie versioni dal vivo) fino a renderlo un brano a sé stante. È tra i più complessi se consideriamo la breve durata, costituito da un giro di chitarra complicato e dall'interplay con il piano. “Fast Enough For You” è una ballad piuttosto lineare che sembra presagire a quelle che arriveranno a partire da metà anni 90; risalta in modo particolare nei tour 1993/94 per poi farsi piuttosto rara. “Fast Enough For You”, “Lenghtwise” e “The Wedge” sono le uniche canzoni di Rift a essere state registrate per l'album prima di debuttare dal vivo (alla fine del 1992). “Lenghtwise” (a firma Fishman) è una traccia che introduce alla canzone successiva e si presenta in due momenti diversi lungo l'album; nonostante non sia esattamente una canzone, anche questa viene eseguita dal vivo spesso in apertura al set. Con “Maze” si torna sul fertile terreno delle jam; il brano debutta nella primavera del 1992 e cresce dal vivo nel corso degli anni (caratterizzato dalle armonie vocali e, dal 1994 in poi, dall'effetto loop delay della chitarra di Anastasio).
“Sparkle” risale al 1991 e il suo testo è firmato dalla moglie di Marshall; il brano ha una progressione da lento a frenetico ed è tra i più suonati dal vivo, in questo caso con poco spazio all'improvvisazione poiché la sua resa è determinata dalla velocità. “Horn” (che risale al 1990) è un brano in apparenza semplice e orecchiabile ma con cambi armonici insoliti e ben strutturati. “The Wedge” si propone nuovamente come un veicolo di sperimentalismo strumentale, ad esempio con introduzioni di piano e batteria apparse dal vivo nel corso dei tour tra il 1993 (anno del debutto) fino al 1998. Anche “My Friend, My Friend” (primavera 1992) ha risvolti più semplici e naif di quelli che ci si potrebbero aspettare dai Phish, ma nasconde una struttura complessa e certamente strana, a partire dall'intro chitarristica di Anastasio fino al coro che chiude la canzone (tra l'altro, il coro è costituito da fan reclutati appositamente da una stazione radio vicina allo studio).
Variegata e musicalmente schizofrenica, “Weigh” viene scritta da Gordon studente durante un workshop di chitarra, senza però essere apprezzata dal professore: poco male, ora è uno dei bizzarri brani dei Phish, in concerto sin dal 1992 ma non molto spesso. Il breve strumentale “All Things Reconsidered” è l'interpretazione dei Phish del jingle di un notiziario radiofonico; compare nel 1991 e per qualche anno fa parte del repertorio live, per poi sparire. La poetica “Mound” porta ancora la firma di Gordon: risale al 1992 e si mantiene anche dal vivo nella stessa forma, pur comparendo anch'essa raramente. “It's Ice”, in origine un poema scritto da Marshall, fa il suo debutto nel 1991 e, tanto nel testo visionario quanto nella musica (composta da Anastasio), è una delle più stratificate canzoni dei Phish. Stupenda già sull'album ma concepita per essere veicolo con cui sperimentare dal vivo, le versioni di questa canzone brillano e si dilatano in modo diverso a seconda del grado di follia durante i set. “The Horse” e “Silent In The Morning” chiudono Rift in modo lineare e melodico, arricchito da armonie vocali, e sono sempre appaiate anche nei set dal vivo sin dal 1992.
Guardando ai concerti del 1992 che precedono la registrazione dell'album, altre due canzoni fanno il loro debutto senza essere poi incluse in Rift o in altri album studio, suonate regolarmente dal vivo fino a oggi: “NICU” (un misto tra reggae e rock n' roll) e “Sleeping Monkey” (brano umoristico che ricorda i tradizionali americani). Ma troviamo un pezzo ancor più raro nei concerti alla fine del 1991: “Brother” (che rivela per la prima volta sonorità arabeggianti, poi riproposte in brani successivi).
Fin dagli albori della carriera, i Phish realizzano oltre un centinaio di concerti l'anno, con setlist sempre diverse, curate per ogni occasione da Anastasio, nelle quali ruota tutto il repertorio (nessuna canzone esclusa). Ma verso il 1993 le cose si fanno più interessanti: le jam si allungano e il pubblico cresce. Canzoni che su album erano piuttosto concise diventano l'occasione per improvvisare. Le sale in cui la band si esibisce accolgono un ragguardevole numero di persone, riescono ancora a mantenere quell'importante livello di intimità che si instaura tra pubblico e band. Il 1993 è un momento ideale, creativo, dove la band può osare sapendo che il risultato sarà comunque oro colato (oggi lo dimostrano i box set live del periodo come At the Roxy e St. Louis).
“I Phish non potevano sbagliare”, dice l'archivista Kevin Shapiro. “Prima del 1993 i concerti erano più concisi, preparati, veloci, senza ampio spazio all'improvvisazione. Poi di punto in bianco c'erano momenti di improvvisazione dovunque. Qualcosa si notava già nel 1992, ma nel 1993 l'evoluzione divenne palese.”
Leggi anche:
Junta (1989): un esordio di sinfonie rock
Lawn Boy (1990): dividi, apri e sciogli
A Picture Of Nectar (1992): espansione di stile
Commenti
Posta un commento