COUNTING CROWS 1996-99: RECOVERING THE SATELLITES & THIS DESERT LIFE
Recovering The Satellites esce tre anni dopo August, nel 1996, come un’ideale seguito del primo lavoro. Il sound si fa più pieno, a tratti più standard, più commerciale – inoltre, qui Duritz canta molto dei problemi legati all'essere famoso – ma l’impatto è comunque forte: ci sono brani-icona della band come “A Long December” o “Angels Of The Silences”, ci sono cose più particolari come “Mercury” e “Monkey”, c’è una lenta al pianoforte, “Miller's Angels”, ci sono “Recovering The Satellites”, “Children in Bloom” e “Daylight Fading” che sono puro stile Duritz. Nel complesso, pur identificandosi come un album “invernale” nei toni, c’è più varietà di arrangiamenti rispetto ad August, ma forse c’è meno magia, nel senso che qui la magia non copre uniformemente il disco da cima a fondo ma la si trova a tratti e, immagino, ognuno può trovarla più in certe parti che in altre. La natura un po’ collage dell’album è dovuta anche alla provenienza dei brani. In effetti c’erano abbastanza brani nel repertorio dei Crows per avere un secondo album ben prima del 1996 – e alcuni non sono mai stati messi su disco, come la “Margery Dreams Of Horses” che possiamo sentire nel live dell’edizione deluxe di August – ma questa tendenza alla lentezza nel produrre album tutt’ora caratterizza il gruppo. Satellites unisce canzoni del primissimo periodo, come “Goodnight Elizabeth” e “Children in Bloom”, a brani scritti successivamente.
Le rarità.
La demo di “Miller's Angels” datata
1994 è stata pubblicata come b-side. Inedite di quel periodo sono
anche “Suffocate” e “Good Luck” reperibili da live bootleg
rispettivamente del 1995 e 1997.
Tra i b-sides vi sono diversi brani
live del 1996: “Daylight Fading”, “Time And Time Again” e
“Rain King” (le ultime due sono canzoni del primo album).
La leggenda vuole che vi sia molto
materiale inedito che potrebbe andare a confluire in una deluxe
edition ancora non annunciata.
Nel 1999 è la volta di This
Desert Life, decisamente un disco diverso dai precedenti e,
prevedibilmente, meno apprezzato. Sottovalutato, in realtà, perché
è un album ricco di ispirazione e di stile, e dotato di un’integrità
pari ad August And Everything After sebbene non vi siano
canzoni memorabili come nel primo o nel secondo album. La lenta al
pianoforte “Colorblind”, usata come colonna sonora, è la più
famosa del disco ed è un ottimo esempio della capacità
cantautoriale di Duritz. Ma i numeri migliori sono sicuramente “High
Life”, “All My Friends” e “I Wish I Was a Girl”. Il singolo
d’apertura è il vibrante “Hanginaround” subito seguito dalla
lunga nenia di “Mrs Potter’s Lullaby”. Ma che dire anche di
“Amy Hit The Atmosphere” e “Four Days”? Chiude “St.
Robinson In His Cadillac Dream” che viene spesso ripresa in
concerto, essendo una delle preferite dello stesso Durtiz – la vera
conclusione del disco in realtà è la hidden track “Kid Things”,
uno scherzetto più che una canzone. Non ci sono cadute di sorta in
questo album, e il suo pregio è proprio questo: nell’essere il
disco di nicchia, omogeneo e coerente e senza concessioni.
Le rarità.
Dell'era di Desert
fanno parte “Baby I'm A Big Star Now” (b-side), “She Don't Want
Nobody Near” (nel Best Of),
“Barely Out Of Tuesday”, “Closer To You”, “My Love” e
“Here Comes That Feeling Again” (reperibili su bootleg live).
Nel 1999 è stato messo in circolazione
il promo di un EP live (Fox Theater) che contiene “Omaha”,
“Mercury”,”Another Horsedreamer's Blues” e “Goodnight
Elizabeth”. E' molto raro ma lo si riesce a trovare.
Leggi anche:
Commenti
Posta un commento